mercoledì 22 aprile 2009

VIVERE VERDE: TEST MAGAZINE-ALTROCONSUMO


Dal single alla maxi-famiglia, come possiamo risparmiare energia

Cambiare le lampadine o gli infissi, la caldaia o il frigo, per ridurre i consumi e le bollette. Con l’aiuto di esperti abbiamo monitorato sei famiglie. Ecco le loro storie e i nostri consigli

 Barbara Bonino e il marito Hamid Ben Draou vivono in una casa fine ’800 in centro a Torino
Barbara Bonino e il marito Hamid Ben Draou vivono in una casa fine ’800 in centro a Torino
Arriva la bolletta della luce e ogni volta è lo stesso pensiero: potrebbe essere più leggera, non soltanto per le tariffe. Potremmo consumare meno. Non tornando indietro di mezzo secolo, quando in casa c’erano al massimo lavatrice e televisore. Non aspettando il futuro dell’energia pulita e accessibile. Potremmo ridurre il nostro fabbisogno oggi, investendo molto denaro oppure poco o nemmeno un euro, anche semplicemente cambiando le nostre abitudini, imparando a scegliere gli apparecchi più adatti a noi, confrontando le proposte dei fornitori di energia, approfittando di incentivi e nuo vi bonus. Da dove cominciare? Ecco l’esempio di sei famiglie di lettori, dal single alla coppia con quattro figli, alla pensionata, che vivono in città diverse, da Torino a Bari, e in contesti diversi, dalla villetta a schiera al condominio di periferia, all’appartamentino nel centro storico. Siamo entrati nelle loro case insieme ai consulenti di Altroconsumo, abbiamo tracciato il loro profilo di consumatori valutando le voci che più incidono sulla bolletta: impianto di riscaldamento e raffreddamento, infissi, illuminazione, elettrodomestici, standby, contratto con il fornitore. Per ogni famiglia abbiamo studiato tre ipotesi di intervento finalizzato al risparmio energetico. In tutti i casi osservati, anche con un impegno minimo è possibile ridurre i consumi, migliorare il comfort e spendere meno. Qualche esempio: cambiare il frigorifero e passare ad un modello di classe A++ garantisce una riduzione del 10%. Sostituire le lampade ad incandescenza con quelle a risparmio energetico è un taglio del 5%, e il cambio di operatore un altro 10%. Eliminare il boiler elettrico e mettere uno scaldabagno a gas per una famiglia di due persone significa ritrovarsi in tasca 300 euro in più all’anno. E, potendo investire, migliorare l’isolamento dell’edificio significa recuperare il 40% su riscaldamento e condizionamento. Mentre cambiare gli infissi, vale un taglio del 20%.

 Roberto Zarro vive insieme con altri due amici in un appartamento in una palazzina alla periferia di Bologna. Le spese sono condivise
Roberto Zarro vive insieme con altri due amici in un appartamento in una palazzina alla periferia di Bologna. Le spese sono condivise
Chi in questi mesi intende affrontare soltanto le spese necessarie, come la sostituzione di vecchi elettrodomestici, tenga presente che il frigorifero assorbe il 20% dei consumi di casa, la lavastoviglie il 14%, il televisore il 13%, il condizionatore il 10%, la lavatrice l’8%, il forno il 5%. E andrebbe cercata nelle schede tecniche degli apparecchi la voce standby: non deve consumare più di 1 watt. Un dettaglio? Pesa anche quello: più apparecchi in standby possono costarci anche 40 euro all’anno.

Chi pensa ad un investimento approfitti delle agevolazioni fiscali sugli interventi finalizzati al risparmio energetico: introdotte nel 2007 e prorogate fino al 2010, possono essere utilizzate per rifare pavimenti, pareti esterne, infissi, per installare pannelli solari e sostituzione impianti di climatizzazione con sistemi più efficienti. Sono detraibili il 55% delle spese sostenute e sono compresi anche i lavori edili e le prestazioni professionali. Da quest’anno sono state introdotte agevolazioni anche per l’acquisto di elettrodomestici, dal pc al “pinguino”, e persino per articoli di arredamento. Ma attenzione alle delusioni: «Sono detrazioni del 20% fino ad una spesa di 10mila euro e spalmabili in 5 anni: suona bene ma non è così facile avere accesso a questi aiuti», spiega Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo e del Beuc, il coordinamento delle associazioni dei consumatori d’Eu ropa. «Le agevolazioni sono per i prodotti a basso consumo, è indispensabile la classificazione A+ ma questa è disponibile soltanto per frigoriferi e congelatori. E c’è anche un’altra limitazione: gli acquisti devono essere riferiti a ristrutturazioni programmate a partire dal luglio 2008».

Da studiare - velocemente perché le domande vanno presentate entro il 30 aprile - anche il nuovissimo bonus sociale per le forniture di energia elettrica, destinato a famiglie a basso reddito o con un malato grave. Introdotto a gennaio, a un utente medio fa risparmiare il 20%, ed è retroattivo.

L’opportunità apparentemente più facile da sfruttare è il cambio dell’operatore. Il margine di risparmio è mediamente del 10%. Ci si mette a tavolino e si valuta la migliore offerta per il nostro profilo. Nessuna delle famiglie che abbiamo incontrato ha sfruttato questa possibilità: «Poca trasparenza», «poca convenienza», dicono. Anche chi difende i consumatori ha alcune perplessità. «Orientarsi non è semplice e il vantaggio economico è inferiore alle aspettative», sostiene Paolo Martinello. Più facile risparmiare controllando i consumi domestici, ma occorre valutare ogni acquisto e imparare a utilizzare gli apparecchi in maniera corretta, anche la semplice collocazione sbagliata incide sulla bolletta. E le schede tecniche vanno lette e rilette. Il punto di partenza resta quello del profilo. Dobbiamo stabilire quanta energia bruciamo e come. Su www.altroconsumo. it, in occasione della campagna “controcorrente” le banche dati sono aperte e ci sono fogli di calcolo di facile compilazione. Una volta tracciato il nostro identikit troveremo per ogni voce, dal forno al condizionatore, le dritte da seguire per utilizzarli al meglio, evitando di sprecare enegia e denaro.

Federica Cavadini

sabato 18 aprile 2009

martedì 17 marzo 2009

La scoperta dell'acqua calda l'efficienza secondo l'esperto

INIZIATIVA REPUBBLICA.IT-WWF


Come ridurre i consumi della lavatrice e dello scaldabagno? Le pompe di calore fanno davvero risparmiare? Massimiliano Varriale risponde ai tanti quesiti dei nostri lettori


ROMA - Fresco d'estate e caldo d'inverno: ormai non possiamo e non vogliamo più farne a meno, ma questo comfort ha un forte costo sia per noi che per l'ambiente. L'esperto del Wwf Massimiliano Varriale chiarisce i dubbi espressi in molte mail arrivate in redazione sulle scelte più vantaggiose e sostenbili. Potete comunque continuare a spedire ancora i vostri quesiti su risparmio energetico in casa e gestione dei rifiuti spedendoli via posta elettronica all'indirizzo email2. 


Potendolo fare, si risparmierebbe sul consumo della lavatrice caricandola direttamente con acqua calda presa dal rubinetto del bagno anziché con acqua fredda. Considerando poi una media di 5 lavatrici la settimana, è possibile dire se il risparmio sarebbe o meno significativo? 

Il suo è un ottimo ragionamento. Le lavatrici (ma anche le lavastoviglie) consumano infatti la massima quantità di energia proprio per riscaldare l'acqua, portandola dalla temperatura di acquedotto a quella che impostiamo col programma di lavaggio; solo una quantità assai più modesta di energia è impiegata per azionare il motore elettrico. Per ovviare a tale inconveniente, e migliorare le prestazioni energetiche di questi elettrodomestici, alcuni apparecchi in commercio dispongono di doppio attacco, ossia sono stati progettati non solo per ricevere l'acqua fredda ma dispongono anche di un secondo ingresso per l'acqua calda. Le lavatrici e le lavastoviglie che possono essere alimentate direttamente con l'acqua calda, prodotta da una caldaia a gas e/o da pannelli solari termici, forniscono una soluzione è estremamente vantaggiosa, tanto in termini ambientali quanto di bolletta energetica grazie alla notevole riduzione dei consumi di elettricità (quelli provocati dalla resistenza elettrica che ha il gravoso compito di riscaldare l'acqua all'interno della lavatrice). Peraltro, la possibilità di usare direttamente acqua calda consente di ridurre gli stessi tempi di lavaggio. 

Purtroppo, ancora oggi, in Italia i modelli di lavatrice e lavastoviglie dotati del doppio attacco (acqua calda/acqua fredda) risultano poco diffusi e conosciuti, a differenza di quanto avviene in diversi altri paesi della stessa Unione Europea. Volendo quantificare i benefici ambientali ed economici dell'impiego di lavatrici a doppio attacco potremmo ipotizzare che queste permettano una riduzione dei consumi (legati all'utilizzo di questi apparecchi) dell'ordine del 50% o superiore. Oltre a ciò, sempre per restare sui dati di quanto sia possibile risparmiare su tali elettrodomestici occorre, però, non perdere di vista quanto pesi la classe di efficienza energetica degli apparecchi. 

Il signor Luigi Cavaliere e diversi altri lettori ci hanno rivolto domande sull'attendibilità della pubblicità sull'efficienza energetica dei condizionatori a pompa di calore e più in generale su quale sia la più conveniente e la più ambientalmente sostenibile tra le diverse soluzioni per riscaldare e raffrescare un'abitazione. In questa risposta vengono affrontati tutti i dubbi espressi. 

La questione è un po' più complessa di come certe aziende tendono a descriverla e giustamente vanno considerate tutte le fasi della filiera. Sono peraltro diverse le variabili che entrano in gioco e che dovrebbero essere considerate al fine di operare scelte corrette sul tipo di impianto di riscaldamento (e magari di raffrescamento) da adottare: ad esempio va tenuto conto del tipo di edifico che stiamo esaminando, come questo è stato costruito (tipo di materiali, spessore delle murature, caratteristiche dei materiali isolanti, sempre che questi siano stati usati, ecc...), tipologia di impianti di riscaldamento già presenti, possibilità di interventi strutturali, localizzazione e modalità di utilizzo dell'edificio, ecc. 

Fatte queste brevissime considerazioni preliminari, occorre dire che le pompe di calore sono macchine efficienti, capaci di trasferire calore da un "ambiente" a temperatura più bassa (come potrebbe essere l'acqua presente nel sottosuolo o anche quella superficiale, o l'aria o il terreno) a uno a temperatura più alta (aria o acqua che sia). Il loro principio di funzionamento è di fatto simile a quello dei frigoriferi. Questo richiede ovviamente energia, dal momento che il calore naturalmente tende a passare dai corpi più caldi a quelli più freddi, come la fisica ci insegna. L'energia impiegata per far funzionare le pompe di calore è prevalentemente elettrica (pompe di calore elettriche); esistono però anche le pompe ad assorbimento di calore che impiegano gas. 

Il vantaggio nell'uso delle pompe di calore deriva dalla loro capacità di fornire più energia (sotto forma di calore) di quella impiegata per il loro funzionamento in quanto estraggono (ossia sfruttano) il calore dall'ambiente esterno (aria o acqua che sia). L'efficienza di una pompa di calore è misurata dal coefficiente di prestazione indicato con la sigla C. O. P. (Coefficient Of Performance) che indica il rapporto tra l'energia prodotta (calore ceduto all'ambiente da riscaldare) e l'energia (elettrica) consumata per far funzionare la macchina. L'efficienza di una pompa di calore, nel funzionamento a freddo è misurata dall'Indice di Efficienza Elettrica EER (Energy Efficiency Ratio), Il C. O. P. è variabile a seconda del tipo di pompa di calore e delle condizioni di funzionamento e dovrebbe avere valori sempre superiori a 2,5. Questo vuol dire che per 1 kWh di energia elettrica consumato, fornirà almeno 2,5 kWh di calore al mezzo da riscaldare. 

Le pompe di calore possono trovare applicazione nella climatizzazione degli ambienti nel settore residenziale, terziario e industriale, in alternativa ai sistemi convenzionali composti da caldaia più sistemi di raffrescamento. La stessa macchina, infatti, mediante una semplice valvola d'inversione, è in grado di scambiare tra loro le funzioni dell'evaporatore e del condensatore, fornendo così calore in inverno e fresco in estate (tipo reversibile). L'applicazione delle pompe di calore nella climatizzazione ambientale (riscaldamento e raffrescamento) può essere economicamente conveniente poiché comporta un minor tempo di ammortamento dell'impianto grazie ai maggiori risparmi sui costi energetici e al fatto di dover ricorrere a un unico impianto per il riscaldamento invernale e il raffrescamento estivo. 

La pompa di calore può essere utilizzata anche per la sola produzione di calore, per il riscaldamento degli ambienti, ma in questi casi vanno attentamente valutati aspetti gli economici e ambientali, confrontandoli con altri sistemi ad alta efficienza energetica quali, ad esempio, le caldaie a condensazione. 

Una particolare tipologia di pompa di calore, assai interessante dal punto di vista energetico e ambientale, è quella geotermica capace di ricavare l'energia necessaria per il riscaldamento/raffrescamento attraverso l'acqua di falda o il terreno. Le pompe di calore geotermiche traggono vantaggio dal fatto che a poche decine di metri di profondità le temperature sono relativamente costanti durante tutto l'arco dell'anno. Ciò permette, di fatto, in inverno di recuperare calore per riscaldare un edificio e in estate di cedere calore per raffrescarlo. Questo scambio di calore avviene attraverso l'impiego delle sonde geotermiche abbinate a pompe di calore, che possono essere alimentate da energia elettrica o da gas metano. Nelle pompe di calore geotermiche l'energia immagazzinata nel sottosuolo è convertita in calore con rapporti che possono risultare estremamente vantaggiosi: per ogni unità di energia elettrica fornita si possono arrivare ad avere anche 4-5 unità di energia termica. 

Alla luce delle precedenti considerazioni, e non solo, la risposta, su quale sia la soluzione migliore per riscaldare un appartamento, non può essere univoca e deve necessariamente tenere conto di una serie di variabili. Oggi più che in passato, infatti, si tende (correttamente) a considerare l'insieme "edificio-impianto" come un tutt'uno sul quale occorre intervenire in modo sinergico e dove non è detto che per conseguire le migliori condizioni di confort termico occorra agire sull'impiantistica ma, piuttosto, sui sistemi di isolamento. 

Trattando il tema dell'energia con i miei alunni di scuola media, abbiamo raccolto le abitudini delle loro famiglie sul risparmio energetico. Mi sono trovata in difficoltà su un punto per il quale gli orientamenti e le convinzioni delle famiglie divergono, e chiedo a voi: qual è il modo migliore di utilizzare lo scaldabagno per evitare inutili consumi energetici? 
Rosa Montalbano
 

Per una risposta puntuale sarebbe innanzi tutto importante capire se stiamo parlando di scaldabagni (scalda acqua) elettrici o a gas: si tratta, infatti, di due tipologie di impianti profondamente differenti e con performance energetiche assolutamente non equiparabili. Ancora oggi in Italia gli scaldabagni elettrici (boiler) rappresentano tra gli apparecchi che maggiormente pesano sui consumi elettrici nazionali. Recentemente si stimava che in Italia ci fossero circa 8 milioni di boiler elettrici, responsabili del consumo annuo di quasi 11 miliardi di kWh. Ossia l'energia prodotta, ogni anno, da una centrale della potenza (elettrica) di 1.600 MW. 

Peraltro usare energia elettrica per riscaldare l'acqua, corrisponde a un vero e proprio massacro termodinamico: in pratica bruciamo combustibili fossili (che causano emissioni di gas climalteranti e inquinanti) in grandi centrali termoelettriche, del calore prodotto, ad alta temperatura, solo il 30-45% è trasformato in elettricità, il restante 55-70% è disperso sotto forma di calore; quasi un altro 10%, dell'energia elettrica generata è dispersa dalla rete di distribuzione elettrica. E quel poco che rimane lo ritrasformiamo in calore a bassa temperatura nel nostro scaldabagno... In tal modo abbiamo utilizzato un combustibile fossile (a elevata intensità energetica) per produrre calore ad altissima temperatura, sprecandone però oltre il 70%: decisamente un pessimo affare... 

Se proprio non si può fare a meno di ricorrere a uno scaldacqua elettrico, bisognerà avere l'accortezza di regolare il suo termostato a 45°C in estate e a 60°C in inverno, programmandone l'accensione con un timer: lasciare infatti uno scaldabagno elettrico acceso 24 ore al giorno, a maggior ragione se per molte ore in casa non c'è nessuno, rappresenta uno spreco nello spreco... 

Il giallo dei piatti di plastica l'esperto chiarisce il mistero

INIZIATIVA REPUBBLICA.IT-WWF


Dopo i consumi sostenbili, nuova puntata della nostra campagna. Varriale risponde alle domande dei lettori su rifiuti ed efficienza energeticadi VALERIO GUALERZI


ROMA - Tante domande, tanti dubbi. Dopo il tema della sostenibilità dei consumi affrontato il mese scorso (vedi le risposte 1 - 2 - 3 - 4), anche il risparmio energetico all'interno delle mura domestiche e la corretta gestione dei rifiuti ha scatenato una valanga di quesiti da parte dei nostri lettori. Persino un gesto banale e quotidiano come gettare qualcosa nella pattumiera nasconde in realtà aspetti e implicazioni che ci rimangono spesso oscure. In molti hanno chiesto delucidazioni in particolare sul perché piatti, posate e bicchieri di plastica sono quasi sempre esclusi dalla raccolta differenziata. Ecco le risposte dell'esperto del WwfMassimiliano Varriale. Potete comunque continuare a spedire ancora i vostri quesiti su risparmio energetico in casa e gestione dei rifiuti spedendoli via posta elettronica all'indirizzo v.gualerzi@repubblica.it 

Come mai in alcune città le stoviglie di plastica possono essere riciclate mentre in altre questi prodotti vengono destinati alla raccolta indifferenziata. 
Ugo Rubinelli
 

La normativa europea e italiana prevede l'obbligatorietà del riciclaggio per i soli imballaggi (intesi come prodotti destinati a contenere e proteggere specifiche merci) per i quali i produttori (e gli utilizzatori) sono, infatti, chiamati a pagare il contributo ambientale Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi) che, tra l'altro, serve a sostenere le pratiche di riciclaggio. Per piatti e bicchieri di plastica il contributo Conai non è richiesto e la stessa normativa non li considera imballaggi, alla luce di ciò solitamente i Comuni non provvedono a riciclare detti materiali. Questo non significa che tutte le municipalità si comportino nello stesso modo, ma non è neanche detto che poi piatti e bicchieri di plastica, conferiti nelle campane dalla raccolta muliltimateriale, siano effettivamente recuperati come materie seconde: è infatti assai più facile che finiscano in un impianto per la produzione di CDR (combustibile da rifiuti) che verrà poi bruciato in qualche inceneritore. 

Sicuramente la cosa migliore da fare, per ridurre l'impatto ambientale, è evitare il più possibile l'utilizzo di prodotti "usa e getta", soprattutto se in materiali plastici che sono derivati dal petrolio, che necessitano di grandi quantità di energia per essere realizzati e, solitamente, hanno cicli produttivi estremamente inquinanti. Peraltro impiegare materie plastiche per realizzare prodotti "usa e getta", equivale a trasformarne il loro principale pregio (la grande capacità di resistere nel tempo) in un grave difetto: la non biodegradabilità! Le plastiche dovrebbero quindi essere usate per realizzare manufatti e materiali destinati a durare. 

Se proprio si è costretti a ricorrere all'impiego di stoviglie usa e getta si potranno orientare le nostre scelte su prodotti a più basso impatto, come le bioplastiche quali, ad esempio, il Materbi o il Pla, ottenuti a partire da materie prime vegetali. Questi prodotti essendo biodegradabili tramite compostaggio possono, una volta usati, essere smaltiti insieme ai rifiuti organici. Anche nel caso delle bioplastiche, pur essendo caratterizzate da un impatto ambientale complessivamente inferiore, rispetto a quelle derivate dal petrolio, vale la regola generale di farne il minor consumo possibile: l'usa e getta, a prescindere dal tipo di materiale, non è solitamente una buona pratica dal punto di vista ambientale in quanto rappresenta sempre uno spreco di materia ed energia. 

Oltre a questioni normative (vedi "decreto Ronchi"), non vedo altri motivi per cui sia vietato inserire i bicchieri di plastica (o similari) all'interno dell riciclo della plastica. Molte volte sono perfino composti di plastica più pura che altri contenitori es: vasetti di youghurt. Inoltre, è così importante la pulizia di contenitori di plastica al fine del loro riciclo? 
Alessandro
 

Sono molte le persone che si pongono queste domande a dimostrazione che il tema è piuttosto sentito. Proviamo quindi a fare chiarezza in un argomento reso complesso dall'inquadramento normativo... Effettivamente i bicchieri (così come i piatti e le posate) di plastica non possono essere comunemente riciclati perché la normativa non li include tra gli imballaggi (intesi come prodotti destinati a contenere e proteggere specifiche merci). Non è quindi un problema di composizione polimerica: se andiamo, infatti, a vedere quali plastiche sono impiegate per realizzare i bicchieri, ci rendiamo conto che si tratta delle stesse impiegate per produrre molti di quegli imballaggi, così detti riciclabili. 

La vigente normativa prevede una "responsabilità condivisa" tra i produttori d'imballaggi (siano essi di plastica, carta, cartone, vetro, alluminio, altri metalli) e le pubbliche amministrazioni. Queste ultime hanno il compito di raccogliere (tramite società pubblico-private ed ex municipalizzate) gli imballaggi presso le utenze domestiche (ma anche uffici e piccoli esercizi commerciali), mentre i produttori d'imballaggi, avvalendosi di specifici consorzi di filiera nazionali (per le materie plastiche il consorzio è il Corepla), s'impegnano a ritirarli dai grandi esercizi commerciali e dalle aziende. 

I consorzi versano un corrispettivo economico ai Comuni per coprire i costi aggiuntivi della raccolta differenziata. Tutte queste operazioni dovrebbero avere lo scopo di avviare gli imballaggi al riciclo e quindi, prioritariamente, al recupero di materia. In considerazione di quanto appena detto è pertanto chiaro come il limite nelle possibilità di riciclaggio di piatti e bicchieri non è tanto di natura tecnica, ma normativa. Se un problema tecnico esiste nel recupero delle materie plastiche in generale, questo è insito nell'eccessiva eterogeneità dei polimeri impiegati per produrre i diversi contenitori e imballaggi, ma questa è un'altra storia... 

Per quanto riguarda la necessità di pulire i contenitori di plastica "al fine del loro riciclo", solitamente può considerarsi sufficiente un brevissimo risciacquo. In realtà la cosa è un poco più complessa e delicata, giacché sarebbe importante sapere cosa era contenuto nel contenitore: ad esempio nel caso di contenitori con sostanze tossiche (disinfettanti, diserbanti, topicidi, ecc.) contrassegnati dalla sigla "T", o quelli con alcune sostanze infiammabili (trielina e altri smacchiatori, antitarlo, solventi, ecc.) indicati con la sigla "F", il risciacquo o lavaggio non va assolutamente fatto (per ovvi motivi...) e questi stessi contenitori non dovrebbero essere smaltiti insieme agli altri imballaggi plastici. 

Molte campagne sul risparmio energetico consigliano di staccare i dispositivi domestici dalla spina per risparmiare energia. Vorrei conoscere la sua opinione sul consumo dei diversi elettrodomestici in standby, e sul fatto che si suggerisca di risparmiare briciole di energia a fronte di sprechi esagerati che sembrano essere ignorati da tutti. 
Enrico Malaguti
 

Esistono, in effetti, molte opzioni per risparmiare energia e/o usarla in modo più efficiente ed efficace. Sicuramente il non eccedere col riscaldamento invernale o il raffrescamento (condizionamento) estivo, anche scegliendo indumenti più idonei alla stagione, non solo risponde (o dovrebbe rispondere...) a regole di buon senso, ma permetterebbe di ridurre sensibilmente i consumi delle nostre abitazioni. Peraltro quello che forse molti non sanno è che le temperature invernali nei locali, siano essi residenziali o uffici, non dovrebbero superare i 18-20°C: è ben noto invece come spesso tanto in abitazioni private, ma ancora di più in edifici pubblici/"collettivi" (uffici, scuole, ospedali, ecc.), si possano registrare temperature anche superiori ai 24-25°C, assolutamente dannose anche alla salute. 

Altrettanto dannose sono le temperature troppo basse cui spesso s'impostano i condizionatori nel periodo estivo: regolare ad esempio il condizionatore a 20°C non risponde a nessuna logica di buon senso, anzi provoca un incremento vertiginoso dei consumi energetici e ci espone al rischio di una serie di patologie di varia natura. Buona regola, anche per il condizionamento estivo (qualora realmente necessario) è di non eccedere, regolando le temperature a non meno di 26°C, considerando come anche 27-28°C potrebbero essere tranquillamente sufficienti, quando le temperature esterne superano il 32-33°C. Peraltro, la sensazione di confort (inteso come benessere fisico e psichico) non è garantita tanto da un abbassamento artificiale delle temperature ma, piuttosto, da una migliore deumidificazione e da più adeguate condizioni di ventilazione. 

Detto tutto ciò arriviamo alla necessità e utilità di spegnere gli standby, vale a dire le "lucette rosse" degli elettrodomestici e dei diversi dispositivi elettronici. Contrariamente a quanto si pensi, gli stand-by pesano molto sui consumi complessivi, non a caso la stessa Ue si è molto occupata della questione varando, il dicembre scorso, un regolamento che mira a imporre standard decisamente più severi per i consumi in standby degli apparecchi: dal 2011 gli apparecchi venduti in Europa, in modalità standby non potranno assorbire più di 1 W, e 2 W se tale modalità risulta necessaria a illuminare un display che fornisce informazioni. Nel 2014 tali limiti dovrebbero essere ulteriormente ridotto della metà. 

Il perché di tanto interesse da parte dell'Unione Europea si può riassumere forse nel seguente dato numerico: in Europa, nel solo 2005, gli stand-by di elettrodomestici e altre apparecchiature elettroniche, hanno comportato il consumo di circa 47 TWh (47 miliardi di kWh), pari all'energia elettrica generata in un anno da 7 centrali da 1000 MW, provocando così l'emissione in atmosfera di alcune decine di milioni di tonnellate di CO2, il gas che oggi maggiormente contribuisce ad incrementare l'effetto serra, più quella di altre sostanza inquinanti e dannose per la salute e l'ambiente. 

Sempre per restare a livello europeo, il consumo medio in ogni abitazioni, causato dagli standby, si attestava (nel 2005) sui 244 kWh l'anno, pari a oltre il 9% dei consumi elettrici medi europei del settore residenziale. Nello stesso anno in Europa gli standby hanno pesato complessivamente (includendo quindi anche gli altri settori) sui consumi elettrici per circa il 20%. Quello che, infatti, solitamente sfugge, è l'effetto cumulativo dei singoli apparecchi che, ad esempio nelle nostre abitazioni, restano in stand-by e il numero totale di ore in cui questi permangono in tale modalità. Facendo qualche semplice moltiplicazione emergono numeri spesso sorprendenti. Per maggiori informazioni sui dati di consumo dei differenti elettrodomestici, nelle varie modalità di funzionamento, si suggerisce di visitare il sito di Topten, uno strumento che ha proprio lo scopo di fornire al grande pubblico indicazioni e informazioni su come risparmiare energia e orientare le proprie scelte verso i prodotti più efficienti presenti sul mercato. 

Esiste un modo per evitare di sprecare tutta l'acqua fredda, quando aprendo il rubinetto di acqua calda, si deve fare scorrere sino a quando non esce alla temperatura voluta?
 
Bruno Ghisu 

Il problema è che alla caldaia viene chiesto di riscaldare un'acqua che parte dalle basse temperature di acquedotto (generalmente inferiori ai 15°C) fino al raggiungimento della temperatura richiesta (qualunque essa sia) e si è solitamente costretti a far scorrere acqua, di fatto sprecandola e consumando anche energia. Probabilmente una delle migliori soluzioni per eliminare questo inconveniente è ricorrere all'uso dei pannelli (o collettori) solari termici che, sfruttando l'energia del sole, sono in grado di riscaldare l'acqua prima dell'ingresso in caldaia con evidenti benefici ambientali ed economici (sia in termini di bolletta energetica che idrica). E' evidente come la caldaia debba utilizzare molta meno energia per riscaldare l'acqua se questa è già stata presicaldata dal sole. 

Occorre peraltro rammentare come i pannelli solari termici rappresentino una tecnologia matura, affidabile ed economicamente vantaggiosa. Per una famiglia di 3 persone sono necessari circa 2-3 metri quadrati (a seconda della latitudine e quindi delle condizioni di irraggiamento) di pannelli che, con una spesa intorno ai 2.000-3.000 euro, consentono di coprire circa il 65-70% del fabbisogno annuo di acqua calda sanitaria riducendo della stessa misura le spese per il riscaldamento di acqua sanitaria. 

Questo significa che, se i collettori solari vanno a integrare uno scalda acqua elettrico, il tempo di ritorno sull'investimento è di circa 3-4 anni, se si va ad integrare un impianto a gas il tempo di ammortamento arriva a circa 7-8 anni. Nella realtà, questi tempi si riducono a meno della metà grazie alle detrazioni d'imposta del 55%, previste dalle ultime leggi finanziarie. Ovviamente per istallare i collettori solari è necessario avere una superficie ben soleggiata (ossia priva di ombreggiamento), meglio se sul tetto, ma non sono da escludere altre localizzazioni adiacenti all'abitazione, qualora il tetto non fosse praticabile. 

Vai alle domande successive. 

domenica 8 marzo 2009

Bassi consumi e inquinamento ridotto

MOTORE INNOVATIVO, ANCHE PER LE SUPERCAR FERRARI E MASERATI


Ecco i nuovi «Multiair» di casa Fiat

I propulsori presentati a Ginevra: saranno montati sulla MiTo a partire da fine 2009

MILANO - Si chiama Multiair la nuova tecnologia destinata a motori innovativi che consumano e inquinano pochissimo. È stata studiata da Fiat Powertrain Technologies (Fpt) che l’ha presentata al Salone di Ginevra. La rivoluzionaria tecnologia messa a punto da Fiat è costata 100 milioni di euro d'investimento in ricerca e sviluppo e potrebbe avere lo stesso effetto sui motori a benzina che ebbe il Common Rail su quelli a gasolio. Il primo modello del gruppo Fiat a beneficiarne sarà, nell'ultimo trimestre del 2009, l'Alfa Romeo Mito.

COME FUNZIONA - Un pistone, azionato da una camma meccanica, viene collegato alla valvola di aspirazione mediante una camera idraulica, controllata da una valvola solenoide, del tipo ON/OFF, normalmente aperta. Quando la valvola solenoide è chiusa, l’olio nella camera idraulica si comporta come un corpo solido e trasmette alle valvole di aspirazione la legge di alzata imposta dalla camma di aspirazione meccanica. Quando la valvola solenoide è aperta, la camera idraulica e le valvole di aspirazione sono disgiunte e non seguono più la camma di aspirazione, chiudendosi per effetto della forza della molla. La parte finale della corsa di chiusura della valvola è controllata mediante un freno idraulico dedicato, in grado di garantire una fase di atterraggio morbida e regolare, in qualsiasi condizione d’esercizio. Controllando gli istanti di apertura e chiusura della valvola solenoide è possibile ottenere agevolmente diversi andamenti ottimali di apertura per assicurare potenza, coppia, riduzione dei consumi e delle emissioni nocive, L’ottimizzazione delle strategie di controllo delle valvole in fase di warm-up (riscaldamento) del motore e di ricircolo interno dei gas di scarico, ottenuta mediante la riapertura delle valvole di aspirazione durante la fase di scarico, genera una riduzione delle emissioni del 40% di HC/CO (idrocarburi incombusti e monossido di carbonio) e 60% di NOx (ossidi di azoto).

QUALI SONO I VANTAGGI - Paragonato a un motore tradizionale con la medesima cilindrata il Multiair aumenta la potenza massima del 10% e migliora la coppia a basso regime del 15% mediante strategie di chiusura anticipata della valvola di aspirazione, che massimizza l’aria immessa nei cilindri Inoltre si eliminano le perdite di pompaggio con una riduzione del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 pari al 10%, sia nei motori naturalmente aspirati, sia in quelli sovralimentati della stessa cilindrata. I motori Multiair sovralimentati e a cilindrata ridotta (concetto del downsizing) possono raggiungere una maggiore efficienza in termini di consumo di carburante pari al 25% rispetto ai motori naturalmente aspirati, mantenendo lo stesso livello di prestazioni perché la pressione costante dell’aria a monte dei cilindri, atmosferica per i motori naturalmente aspirati e superiore per quelli sovralimentati, abbinata al controllo estremamente rapido della massa d’aria, cilindro per cilindro e colpo a colpo, produce una migliore risposta dinamica del motore.

PRIMA A TERMOLI, POI OVUNQUE - «La produzione della tecnologia Multiair inizialmente avverrà nello stabilimento di Termoli, - ha precisato Alfredo Altavilla, amministratore delegato di Ftp -ma tutte le fabbriche sono state modificate per poter realizzare un mix fino al 100% di MultiAir. Quindi, la capacità potenziale di produzione della nuova tecnologia potrebbe arrivare in questo momento, fino a 3.800 motori al giorno, tra Italia e India, a cui potrebbero aggiungersi altri 600 mila pezzi all'anno prodotti in Brasile».

ANCHE SULLE SUPERCAR - Sarà possibile usare la nuova tecnologia anche sulle vetture ad alte prestazioni? Altavilla, non ha dubbi: «Tecnicamente non esiste alcun vincolo a montare MultiAir anche sui motori delle supercar Ferrari e Maserati perché questa tecnologia è facilmente applicabile a tutti i motori a benzina. E non solo: in futuro potrebbe esserci l’applicazione anche ai motori diesel, direi probabilmente a partire dal 2011». Proprio come accadde per il Common Rail.

Paolo Artemi
06 marzo 2009

mercoledì 4 marzo 2009

Dalle auto ibride alle foreste i falsi miti degli ambientalisti

Dalle auto ibride alle foreste
i falsi miti degli ambientalisti

Inchiesta provocatoria dell'Indipendent che smonta molti dei dogmi degli ecologistidi VALERIO GUALERZI


Per qualche ambientalista potrà avere lo stesso effetto che le celebri vignette danesi hanno scatenato tra i musulmani più intransigenti. L'Independent, quotidiano inglese di certo non sospettabile di antipatie ecologiste, ha pubblicato infatti uno speciale per smontare molti dogmi verdi. Le conclusioni sono tutto sommato opinabili e destinate a far discutere all'infinito, ma decisamente sorprendenti. Nel bene come nel male. 

Nella prima categoria rientra ad esempio il giudizio sulla Cina, vista da molti ambientalisti (sempre meno in realtà), come il "Grande Satana" dell'inquinamento. In realtà, sottolinea l'inchiesta del giornale britannico, Pechino sta infilando una lunga serie di mosse positive ed è in pole position per diventare il vero leader della rivoluzione energetica verde. ''La Cina - scrive l'Independent - è sulla via per divenire un'economia a bassa produzione di CO2'' e ormai le sue industrie non producono solo giocattoli e paccottaglia a basso prezzo, ma anche pannelli solari, turbine eoliche e batterie ricaricabili. 

Nella seconda categoria, ovvero tra i miti "salvifici" che gli ambientalisti farebbero bene a mettere in soffitta, secondo il quotidiano c'è invece l'auto ibrida. Protagonista degli ultimi saloni motoristici internazionali e grande speranza di un'industria alla disperata ricerca di una via d'uscita verde dalla crisi, le vetture a doppia alimentazione benzina/elettricità per il giornale britannico possono inquinare in realtà più di un vecchio diesel. Tra i miti da dissacrare il giornale segnala anche la tutela delle antiche foreste. Non che siano dannose ovviamente, ma il loro contributo nella lotta al riscaldamento globale va drasticamente ridimensionato. Gli alberi vecchi, sostiene l'Independent in uno dei passaggi più discutibili dell'inchiesta, non assorbono infatti CO2 come quelli giovani e quando muoiono liberano tutta l'anidride carbonica che hanno utilizzato. Per questo - è la provocatoria tesi del giornale - meglio abbatterli e farci sedie, scrivanie, costruzioni, risparmiando in materiali chimici equivalenti. Purché naturalmente si proceda a sostituirli con alberi nuovi che nei primi 55 ani di vita assorbiranno il maggior quantitativo di anidride carbonica. 

Altro dogma messo a dura prova dall'inchiesta è quello del "buy local", ovvero della spesa a chilometri zero. Il conteggio delle emissioni prodotte per ogni chilo di alimenti, si sottolinea, non dipende infatti necessariamente dalla distanza rispetto a chi li consuma, ma dall'efficienza energetica con cui vengono prodotti e distribuiti. L'Independent sposa infine due soluzioni che per gli ambientalisti sono vere e proprie bestie nere: utilizzo degli ogm in agricoltura e ritorno al nucleare. I primi, afferma il giornale, possono dare un importante contributo nella lotta alla fame nel mondo, mentre l'energia dell'atomo produce solo il 5% delle emissioni di CO2 rispetto al gas e rappresenta una fonte alla quale non si può rinunciare.